Eccomi qui, di nuovo a un bivio. E stavolta sento che sto per perdere tutto. Non ho fatto in tempo a sentirmi completa, intera, felice anche, forse per la prima volta. È durato meno di un attimo. Poi prima Arthur, ora la Scuola, tutto mi sta crollando addosso di nuovo e io non ce la faccio.
Una donna forte. No, non lo sono. Sono solo una che da sempre cerca di restare in piedi in mezzo alla burrasca. Cerco di andare avanti, un passo dopo l'altro.
E ora se lascio la scuola...
Del resto cosa dovevo fare? Non posso rivestire un ruolo di questa importanza se chi ha fiducia in me non sa fino in fondo in chi ripone la sua fiducia.
Dovevo dirglielo. E se questo è il risultato non importa. Probabilmente sono io che non ho capito a fondo. Forse la Scuola non è solo un luogo dove sentirsi accolti, dove imparare ad accettare sé stessi e imparare a gestire quello che siamo, e magari imparare a far conoscere quello che siamo, davvero, oltre tutti i preconcetti. Forse davvero è il luogo dove sottomettersi a quello che consideriamo ingiusto e sbagliato. E allora no, non è il posto per me.
Ma allora perché sto così male?
lunedì 29 febbraio 2016
domenica 21 febbraio 2016
Pieces
È successo ancora.
Ma almeno questa volta è stato dolce.
Lei 17 anni, pelle scura e treccine dai laccetti colorati, jeans a pelle, e un giubbotto di jeans su un maglioncino colorato, lui un paio di anni di più, pelle chiara, capelli biondi spettinati, appena abbronzato, un bomber di pelle dall'aria vissuta, una camicia a scacchi aperta su una maglietta chiara, jeans scoloriti. Camminano per mano, sono felici, gli occhi si cercano, la luce prende bagliori nuovi, inizia con il solletico. Jeremy le cinge la vita, ridono insieme, poi un bacio, un altro. Pian piano la guida verso la grande quercia al lato del sentiero, che dopo poco incontra, poggiandovi la schiena. Lui è su di lei, i baci si fanno più esigenti, le mani del ragazzo trovano la pelle sotto il maglione, lei gli si stringe, il respiro diverso. Poi il calore. Inizia piano. Dapprima non ci fa caso, riapre gli occhi velati di desideri nuovi. E del colore delle fiamme vive. Lui la sta baciando, si discosta appena. Poi la lascia andare come se fosse incandescente, sgranando gli occhi. "Tu..." Lei boccheggia per un istante, privata del suo calore e delle sue labbra, non capisce, le iridi che decolorano lentamente, troppo. "Tu... Tu sei di quelli, brutta puttana!" già sta gridando, togliendole il colore dal viso. È fuori di sé. "Volevi fregarmi eh? Strega! Ma vai ad affogarti, sparisci!" le inveisce contro mentre arretra. "Non farti più vedere, mi hai sentito?!" Quell'indice puntato sembra un artiglio che le sta scavando il cuore. Sente le ginocchia cedere, si accascia lentamente. "Troia!" grida ancora, andandosene, lasciandola lì, incapace di rialzarsi ancora per molto, molto tempo. |
venerdì 19 febbraio 2016
Darkness and Light - A Phoenix And The Real Thing: The Sun
"Colpire gli agenti della Force è giusto: essi sono solo servi di un governo razzista che opprime e schiaccia sotto il suo tallone i nostri fratelli mutanti e che noi smantelleremo pezzo per pezzo."No. Sono solo persone in errore. Hanno fatto una scelta, quella di impegnarsi per far applicare la legge sul controllo. Ma di questo si tratta, far applicare una legge. Se la legge è sbagliata, loro saranno al massimo responsabili del come la fanno rispettare, ma non è loro l'errore di fondo. Bisogna far cambiare la legge.
"Invitiamo tutti i fratelli e le sorelle vessati della prevaricazione di un governo razzista e ostile a unirsi alla Causa."No. Siamo vessati dalle regole imposte da un governo spaventato, o che comunque deve render conto a persone spaventate. Ci sono persone razziste e ostili. Ci sono persone spaventate. Ci sono persone razziste, ostili e spaventate. O forse lo sono proprio perché spaventate.
Possiamo fare di meglio che spaventarle ulteriormente. Possiamo farci conoscere per quello che siamo. Abbandonare le nostre paure e Risplendere!
Per fortuna viviamo sotto un governo democratico. Esistono mezzi legali per portare avanti le proprie battaglie, per far sentire la propria voce. Non sarà immediato, e neppure semplice, ma qualcuno deve pur provarci. O tutti i nostri fratelli lì fuori, che vivono le loro vite incomplete, o nell'ombra, costretti a infrangere la legge solo per essere sé stessi. Tutti loro si sentiranno soli, abbandonati, e in loro crescerà la sfiducia e la rabbia.
La strada non è la guerra contro i razzisti o contro i
mercoledì 17 febbraio 2016
Dear Sister #2
To: hilde.jk@aol.com
From: hljenks@aol.com
Subject: Ciao
Ciao Hilde.
Scusami se non ti ho risposto prima, sono stata molto impegnata in questi giorni. Stiamo lavorando a un progetto particolarmente complesso, spesso faccio tardi e mi sveglio all'alba.
La mamma non era entrata in dettagli ma sì, qualcosa mi aveva accennato.
Capisco come ti senti, ma non c'è molto che io possa fare, lo sai. Purtroppo la situazione è quella che conosci.
Proverò a parlarci, ma non so quando. E comunque non farti illusioni, non ti assicuro niente. Tu intanto cerca di non scoprirti troppo e di non metterti nei guai.
Sono contenta che tu stia bene.
Helen
lunedì 15 febbraio 2016
Hush The Nightmares Away
Sono le tre e mezza della notte. Ma lei non lo sa e non gliene importa. È sdraiata in un letto troppo stretto, la testa posata sulla mano sollevata, il gomito e il braccio sul cuscino, a guardare il viso del ragazzo disteso accanto a lei. Giovane, più di lei. E lo sembra ancora di più nel sonno, con le palpebre che nascondono gli occhi, e i lineamenti distesi. Respira piano, non vuole svegliarlo. Guarda la sua fronte contrarsi improvvisamente, poi la testa si muove, irrequieta, le spalle sussultano. Un incubo, uno dei tanti. Quelli che l'hanno svegliata. Increspa la fronte empaticamente. "Shhh-sh-sh-sh" sussurra piano, come si farebbe con un bambino agitato nel sonno, sfiorandogli i capelli. I lineamenti pian piano di distendono, il sonno quieto torna a dargli ristoro. Hilde scivola di nuovo sotto le coperte, rannicchiandosi contro di lui. E quando, ancora nel sonno, il suo braccio la circonda, un lieve sospiro, prima di riaddormentarsi con il suo respiro sulla pelle.
sabato 13 febbraio 2016
Dear Sister
To: hljenks@aol.com
From: hilde.jk@aol.com
Subject: Ciao
Ciao Helen,
so che non ti ho mai scritto, ma questa volta ho preferito così. Per telefono lo trovo più complicato. E di persona forse ancora di più.
Cosa hai saputo di me, negli ultimi mesi? La mamma ti ha raccontato? Non mi meraviglierei se non lo avesse fatto. È come se stesse cercando di cancellarmi. Completamente.
Ormai avrai capito qual'è il punto. Il mio "Problema". Helen scusa, ma non ce la faccio più a chiamarlo così. Lo so io come lo sai anche tu che non è una stregoneria, né una maledizione, ma solo il gene X che si è risvegliato nel sangue della nostra famiglia da generazioni.
Fatto sta che quando sono arrivata a Philadelphia, dove i mutanti sono definiti tali, per quanto spesso nascano problemi. Dove è possibile ma non necessario nascondere la propria natura a tutti i costi... Qualcosa è cambiato. L'energia ha ripreso a scorrere più violenta che mai e non riuscivo più a controllarla.
Ho iniziato con una fiammata sul lavoro. Lavoravo in un locale, fortunatamente è successo nelle cucine, ho potuto mascherarlo. Poi in casa, una volta, poi un'altra. Ho rischiato di dar fuoco a ogni cosa Helen. Ho avuto paura, tanta.
Per fortuna, o probabilmente il destino, perché forse se non avessi parlato con lui nemmeno mi sarei trovata in quella situazione. In ogni caso non so perché. Fatto sta che ho conosciuto Marcus pochi giorni prima di trovarmi in quella situazione ed è stato fondamentale. È un professore della Young Gifted School. È riuscito a calmarmi, a farmi capire come controllarlo, e soprattutto non mi ha imposto niente. Né la registrazione, né l'iscrizione alla scuola. Mi ha dato consigli, ma mi ha lasciato completamente libera di scegliere.
E alla fine ho scelto.
Ho scelto di registrarmi e di iscrivermi alla scuola. Ho scelto di vivere alla luce del sole. Letteralmente. Di seguire la legge e di imparare a gestire il mio potere, a conoscermi, a vivere per quella che sono, non come il simulacro di una persona che non esiste.
Helen ti prego, dimmi che almeno tu puoi capirlo.
Ho chiamato la mamma, non ha voluto ascoltare ragioni, mi ha proibito di registrarmi, di iscrivermi alla scuola, mi ha minacciata. E ha chiuso il conto della mia carta di credito.
Forse sperava che cambiassi idea, ma non posso. Puoi capirlo? Dopo 18 anni mi sono di nuovo sentita completa, mi sono sentita Me. E credo che il mio dovere, ora, sia mettere quello che so fare al servizio degli altri. E aiutare gli altri Gifted ad accettarsi e le persone ad accettarci. E fare qualsiasi cosa sia in mio potere perché nessuno debba mai più soffrire come noi, Helen, come me, come papà, la mamma. E tu? Non ho mai saputo se tu abbia sofferto di tutta questa situazione. Sicuramente vedere papà sfigurato, e... Mi hai odiata, Helen?
Non so perché ho deciso di scriverti. Non abbiamo mai parlato molto di cose serie. Meno che mai di questo.
Ma mi manca la mia famiglia. E penso che sia ingiusto e sbagliato. Non ho fatto niente, a parte nascere diversa, con il gene di Meredith Rose.
Qualunque cosa pensi, Helen, qualunque cosa tu decida, ti voglio bene. Ne voglio a tutti voi. Non voglio crearvi problemi, ma devo vivere la mia vita.
Salutami la mamma e papà.
Hilde
P.S. Alla Free mi hanno presa. E sì, dopo la registrazione. Hanno il badge tra i documenti di assunzione.
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domenica 7 febbraio 2016
Phonecalls
Pronto?
Pronto, Mamma?
Oh Helen, tesoro! Sono appena rientrata dall'ambulatorio,
ti avrei chiamata io, più tardi, come stai?
...
Mamma?
...
Mamma per favore...
[clic]
Risponde la segreteria telefonica di casa Jenkins. Non siamo al momento in casa, se volete lasciate un messaggio! - Beeeeeep -
venerdì 5 febbraio 2016
Commitment
E quindi avevano ragione. Tutti quanti. Ma solo io non ci avevo capito niente? Giusto a dimostrazione del fatto che per queste cose sono completamente imbranata.
Però è stata bella la sorpresa. Talmente bella che inizialmente ho dubitato. Specie quando mi ha chiesto scusa. Chi ancora nel 2024 chiede scusa per... un bacio? Sembra uscito da un film in bianco e nero, a volte. O da una fiaba per bambini. Eppure sono convinta che nemmeno il principe azzurro abbia mai chiesto scusa. Eppure si approfittava di ragazze addormentate!
È di una bellezza disarmante, da togliere il respiro. Eppure sembra non accorgersene. Sempre insicuro, imbarazzato. Ancora mi è difficile crederci. E sono felice.
Ed è così dannatamente bello, quando arriva il calore, e so che gli occhi stanno cambiando colore, non dover fare niente. Non dover scappare. Non dovermi nascondere. Basta solo sorridere, e lui capisce, aspetta. Lui sa, ed è come me. Ed è ME che guarda, a ME sorride, bacia ME. È il primo. L'unico.
Mi chiedo come sarebbe, ora, se lui non ci fosse.
Sicuramente starei meglio che in passato. Meglio di sempre. Ho la Scuola, Marcus, Max, persone di cui fidarmi, che mi vogliono bene.
Eppure la tensione, quella sarebbe più difficile da gestire. Ho ormai preso la mia decisione, sono convinta che sia la cosa giusta e mio dovere. Ma è ovvio che io abbia paura, è impossibile non averne.
La verità è che quando ti rendi conto di cosa sei, di cosa puoi, non puoi più tirarti indietro.
Fino a domani proverò ancora a parlare con la mamma. O con papà. Se non ci riesco scriverò a Helen. È l'ultima cosa che mi resta da fare.
Però è stata bella la sorpresa. Talmente bella che inizialmente ho dubitato. Specie quando mi ha chiesto scusa. Chi ancora nel 2024 chiede scusa per... un bacio? Sembra uscito da un film in bianco e nero, a volte. O da una fiaba per bambini. Eppure sono convinta che nemmeno il principe azzurro abbia mai chiesto scusa. Eppure si approfittava di ragazze addormentate!
È di una bellezza disarmante, da togliere il respiro. Eppure sembra non accorgersene. Sempre insicuro, imbarazzato. Ancora mi è difficile crederci. E sono felice.
Ed è così dannatamente bello, quando arriva il calore, e so che gli occhi stanno cambiando colore, non dover fare niente. Non dover scappare. Non dovermi nascondere. Basta solo sorridere, e lui capisce, aspetta. Lui sa, ed è come me. Ed è ME che guarda, a ME sorride, bacia ME. È il primo. L'unico.
Mi chiedo come sarebbe, ora, se lui non ci fosse.
Sicuramente starei meglio che in passato. Meglio di sempre. Ho la Scuola, Marcus, Max, persone di cui fidarmi, che mi vogliono bene.
Eppure la tensione, quella sarebbe più difficile da gestire. Ho ormai preso la mia decisione, sono convinta che sia la cosa giusta e mio dovere. Ma è ovvio che io abbia paura, è impossibile non averne.
La verità è che quando ti rendi conto di cosa sei, di cosa puoi, non puoi più tirarti indietro.
Fino a domani proverò ancora a parlare con la mamma. O con papà. Se non ci riesco scriverò a Helen. È l'ultima cosa che mi resta da fare.
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lunedì 1 febbraio 2016
Wounds
Eccomi qua, con un buco in una spalla, il morale a terra e la testa confusa.
Davvero non so che fare. Max dice che dovrei dirlo ai miei, per non passare dalla parte del torto. Già mi immagino "Sai mamma, mi hanno sparato"... Già pensano che abbia fatto una scelta folle, a registrarmi e iscrivermi alla Scuola. E comunque inutile starci a pensare, tanto la mamma non mi parla.
Sono ormai tre settimane che cerco inutilmente di parlare con lei. Casa, cellulare, ho chiamato perfino al negozio, nemmeno papà ha avuto il coraggio di venire al telefono. Ormai mi stanno cancellando dalla loro vita.
C'è poi questa cosa che tutti mi chiedono se con Arthur ci sia qualcosa. Sinceramente non lo so perché lo fanno. Fossero altri penserei che lo fanno per il gusto di mettermi in imbarazzo. Ma sono Max, Marcus... Io che in queste cose sono un'imbranata totale. Ho venticinque anni ma è come se ne avessi quindici. Macché quindici, dodici.
Del resto... Sono passati anni dall'ultimo tentativo di instaurare qualcosa con qualcuno. E ovviamente è andata come sempre. Cosa puoi instaurare con qualcuno se non puoi neanche dirgli chi sei? Cosa sei. E poi il potere che appena allenti il controllo rischia di diventare un pericolo... Anche a questo ho dovuto rinunciare. E sinceramente riprendere ora è complicato. E poi, per la miseria, è solo un amico! Non gli interesso affatto. Dovrebbero farsi gli affari loro. Tutti quanti.
Davvero non so che fare. Max dice che dovrei dirlo ai miei, per non passare dalla parte del torto. Già mi immagino "Sai mamma, mi hanno sparato"... Già pensano che abbia fatto una scelta folle, a registrarmi e iscrivermi alla Scuola. E comunque inutile starci a pensare, tanto la mamma non mi parla.
Sono ormai tre settimane che cerco inutilmente di parlare con lei. Casa, cellulare, ho chiamato perfino al negozio, nemmeno papà ha avuto il coraggio di venire al telefono. Ormai mi stanno cancellando dalla loro vita.
C'è poi questa cosa che tutti mi chiedono se con Arthur ci sia qualcosa. Sinceramente non lo so perché lo fanno. Fossero altri penserei che lo fanno per il gusto di mettermi in imbarazzo. Ma sono Max, Marcus... Io che in queste cose sono un'imbranata totale. Ho venticinque anni ma è come se ne avessi quindici. Macché quindici, dodici.
Del resto... Sono passati anni dall'ultimo tentativo di instaurare qualcosa con qualcuno. E ovviamente è andata come sempre. Cosa puoi instaurare con qualcuno se non puoi neanche dirgli chi sei? Cosa sei. E poi il potere che appena allenti il controllo rischia di diventare un pericolo... Anche a questo ho dovuto rinunciare. E sinceramente riprendere ora è complicato. E poi, per la miseria, è solo un amico! Non gli interesso affatto. Dovrebbero farsi gli affari loro. Tutti quanti.
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