sabato 17 settembre 2016

Stroke

Non ci riesco, non ce la faccio. Vederti in questo letto, completamente incapace di reagire, di comunicare... Eppure mi guardi. Qualcosa dicono, i tuoi occhi. Ma non sono in grado di capirlo. O magari mi illudo di capirlo, ma in realtà chi può dire cosa pensi davvero? O se stai pensando qualcosa.
Io invece sì, penso, penso continuamente. E non riesco a fare a meno di chiedermi se sia stata mia la colpa. Se quello che hai dovuto passare negli ultimi mesi, me, la mamma, i vicini...
Ma è un'altra delle cose che non saprò mai. I medici dicono che sì, lo stress può avere un peso nel far degenerare una predisposizione, ma che, appunto, di una predisposizione si tratta.
Non lo so. So solo che ora non c'è altro che io possa fare se non starti accanto, accudirti, e sperare in un miglioramento che, hanno detto, potrebbe esserci, ma non sanno se, né quando.
A Max ancora non l'ho detto, ma lo farò presto. Non posso lavorare come si deve alla Scuola, in questo momento. Mi troverò un part-time, qualcosa che mi lasci le ore necessarie per stare con te.

Ora vado. Devo mettere in ordine un po' di cose. Riposa bene.

A domani papà.

venerdì 8 luglio 2016

Dear Sister #4

To: hljenks@aol.com
From: hilde.jk@aol.com
Subject:   

Non fa differenza. Non fa proprio nessuna differenza. E sai perché? Perché se questa legge passa, lo sapranno tutti comunque che sono una mutante registrata. Perché della nostra famiglia si chiacchiera da sempre. Perché abbiamo Meredith Rose nella genealogia, o te lo sei scordato?
E chi credi che andrebbero a cercare nel fantastico database dei mutanti e dei loro poteri i Pollak, i Bower e tutte le altre brave persone della nostra amorevole comunità?
Me, te, la mamma e magari anche papà, già che ci sono. Cosa credi, quanto ci metterebbero a trovare il mio nome? 

E no, non venirmi a dire che il mio primo errore è stato registrarmi. Non lo accetto. Voglio il DIRITTO di vivere legalmente. Ma probabilmente me lo toglieranno. Di nuovo. 

Perciò fanculo i Pollak e i Bower. E sì, hai letto proprio bene, ho scritto FANCULO. 
E salutami la mamma. 
Hilde

martedì 5 luglio 2016

Dear Sister #3

To: hilde.jk@aol.com
From: hljenks@aol.com
Subject:   

[Link al video della marcia sul Walt Whitman Bridge e il discorso finale, con diversi primi piani del viso di Hilde mentre parla con trasporto alla folla] 
Sei proprio una stronza. O devi essere impazzita. Forse il gene X ti ha dato alla testa, mh?
Cosa credevi di fare? Non te lo ricordi che hai una famiglia, a Kennebunkport? Ma sì che te lo ricordi, solo non te ne frega assolutamente nulla, giusto?
Molto più importante la politica e gli interessi tuoi e dei tuoi amichetti mutanti!

Hai idea di come l'abbia presa la mamma, tutta questa faccenda? Hai idea di come li guardino ora i Pollak, i Bower e tutte le brave persone della nostra amorevole comunità?
Ah ma certo, tu tanto ormai sei andata via, sei una persona nuova...
E a chi resta non ci pensi? 

Hai portato la guerra, nella nostra famiglia. E ora anche anche questo. Che altro? 

E non venirmi a dire che dovremmo accettarti per quello che sei e tutte le stronzate che tiri fuori ogni volta. Anzi, non cercarmi più, che è meglio.

Helen

martedì 28 giugno 2016

Let's go camping!

Sono stanca. Una stanchezza diversa dal solito. E ho le mani sporche di colore e pennarello come non succedeva da quando ero bambina. Ho cenato poco, male e tardi. E come se non bastasse la pioggia, per tutta la strada in motorino da Bella Vista a casa.

Eppure sento che possiamo e dobbiamo farlo. Non dobbiamo permettergli di andare avanti, dobbiamo riuscire a fermarli prima che questa assurda legge passi, perché risuonerebbe come una dichiarazione di guerra. Sarebbe un sasso che darebbe inizio a una valanga, e allora difficilmente riusciremmo a fermarla.

Mi chiedo se davvero sia la stupidità a muovere eventi come questi, o se non vi sia dietro ben altro.

Che meravigliose prospettive. Da una parte l'apocalisse, dall'altra la possibilità di un evento catastrofico involontario, e infine la guerra civile.

Come dici papà? Certo che ci vengo a pescare! Non mancherei per niente al mondo.
Come potrei mancare? Del resto non ho la presunzione di ritenermi in grado di fermare eventi di questa portata. Posso fare qualcosa, ma sono utile, non indispensabile.

Se è possibile salvare Philadelphia, l'America e il mondo, riusciranno a farlo anche senza di me. E se non è possibile...

Beh, voglio andare a pesca con mio padre.

lunedì 9 maggio 2016

Suns

Doveva essere solo una festa. Solo una festa. Dopo tutto quello che abbiamo passato, dopo la paura, il dolore. E invece ci ha gettati di nuovo nell'angoscia, nella paura, nel senso di impotenza che ci toglie il sonno, la pace.
Lì fuori c'è qualcuno capace di manovrare come vuole le nostre menti. Qualcuno che di umano non ha nulla, tranne l'impotente involucro che lo avvolge. Qualcuno che non si fa scrupolo di portarsi dietro una ragazzina qualsiasi, presa a caso, perché sia la sua garanzia.
E qualcuno che ora si è portato via con facilità tutto quello che custodivamo, per farne chissà cosa, per cambiare il destino della città, forse del mondo.
Cosa puoi fare contro qualcuno che ti entra nella testa e ti fa agire come non agiresti mai?
Cosa puoi fare contro una vita che ogni volta che alzi la testa te la rispinge sotto levandoti il respiro?

Lottare. Seguire la ragione, seguire l'istinto, seguire il cuore. Lottare, fino a quando avrai un briciolo di fiato in gola, fino all'ultimo battito.

Se solo tornasse il Sole...

C'è l'energia fisica, quella che mi permette di generare il fuoco, e quella emotiva, interiore, che mi permette di sperare, di gioire, sostiene la vita di ogni giorno. Hanno bisogno di Sole. Due tipi diversi di Sole. Il secondo non si fa vedere da un bel po'.

mercoledì 20 aprile 2016

Traces of Ink - 1

La pagina di un'agenda del 2024, quella corrispondente al 19 Aprile, coperta di una scrittura fitta e un po' irregolare, diversa da quella solitamente ordinata di Hilde, ma riconoscibile a un occhio attento.

Cameron mi odia.
È convinto che l'abbia usato con chissà quali fini politici. 
Non riesco a credere che possa pensare una cosa simile.
Ma probabilmente è colpa mia. Ho cercato di fargli capire quanto questa legge sia ingiusta, e quanto sia nostro dovere parlarne, non nasconderci.
E l'ho fatto nel momento sbagliato. Quando si era assurdamente convinto che avessi pianificato tutto.
E non è bastato che gli abbia assicurato, giurato, che non era così.
Mi ha giudicata e trovata colpevole. Unica prova a carico, l'odio che provo per questa legge e il desiderio di fare qualsiasi cosa per aiutare chi ne viene quotidianamente schiacciato.
Non conta niente il fatto che non consideri colpevole nessuno di loro, il fatto che consideri chi è costretto ad applicare questa legge infame una vittima quanto chi è costretto a subirla.

Ha detto che al mio posto avrebbe fatto la stessa cosa.

Ma avrei dovuto giurargli che no, mai avrei parlato di quanto mi è successo, nell'ambito della mia attività per SHINE?  E avrei potuto? Non andrò certo a gridarlo ai quattro venti appena fuori di qui, come lui sembra pensare che avrei fatto. Ma non me la sento tuttora di giurare che non ne parlerò mai e con nessuno. Perché è la mia vita. È qualcosa che mi è capitato senza che lo abbia cercato o desiderato. Ed è sbagliato.
Davvero devo rinunciare anche al poco che di buono potrebbe venire da tutto questo? Lasciare che tutto quello che sto soffrendo sia stato inutile? 
Ma questo per lui vuol dire tradire la sua fiducia, il suo affetto, il suo desiderio di sacrificarsi al mio posto. 
Non vede le centinaia, forse migliaia di persone che soffrono per gli stessi motivi, senza un Cameron Levy a far loro da scudo. Vede solo Hilde Jenkins, che poteva evitare e non ha evitato, che potrebbe tacere e non vuole. E come lui, solo questo vedono tutti gli altri.

Ma mi fa male vederlo soffrire per questo. E il suo risentimento è mille volte peggio di queste sbarre, di queste mura sempre uguali, di questo tempo che sembra inceppato, che gira su sé stesso senza senso. Persino peggio della riprovazione di quelli che si dicono la mia famiglia, ma non possono aspettare di lasciarmi uscire di qui, prima. Devono interrogarmi, incalzarmi, e accusarmi di ipocrisia e menefreghismo mentre ho addosso un'informe tuta arancione e le manette ai polsi, riesco a lavarmi a stento, non ho voglia di mangiare e credo di aver finito le lacrime, per poi scoprire a tradimento ogni volta di averne ancora. 
Me la sono cercata, hanno detto.
No. Ho fatto quello che dovevo. Ho solo detto la verità.
Mesi fa mi è stato chiesto di fare una scelta. O accettare legge così com'è o lasciare la Scuola. Ho scelto di accettarla, e ora?
Non ha senso affermare di attenersi alle leggi quando poi questo vale solo quando non ci sfiorano.
Ma questo sembra aver senso solo per me. 
Non so se riuscirò a tornare quella di prima.
Non mi sono mai sentita così sola.


sabato 16 aprile 2016

Punishment

La porta è chiusa, nessuna finestra, l'unica luce quella artificiale, che ormai hanno spento per la notte. Piange, sotto le coperte, piange tutte le lacrime che ha. Non voleva. Non avrebbe mai voluto far del male a nessuno. Era stata solo una distrazione. Una dimenticanza.

Una volta finito tutto il trambusto, l'avevano presa e chiusa lì dentro. E lei sente che non è giusto. O forse lo è. Forse è giusto che lei paghi per quello che ha fatto.
Si toglie le coperte di dosso e scivola in terra, i piedini scalzi sul pavimento freddo, poi si inginocchia. Congiunge le manine, stringendo gli occhi.

-Ti prego, ti prego, fammi tornare normale. Non voglio più far danzare i fantasmini. Sono cattivi. Hanno fatto del male al mio papà. Non voglio. Portami via questa brutta cosa. Voglio essere come ero prima. Voglio piacere alla mamma. E a Helen. E non voglio più fare del male a nessuno.

Le lacrime scorrono sul visino di quella bimba a cui mancano due incisivi, con i capelli tirati indietro dalle mollettine colorate e dalle due piccole treccine, che nessuno ha pensato a scioglierle, mentre veniva chiusa in quella stanza. Per punizione. O forse per tenerla lontana dalla fonte della sua energia. O entrambe.



Ma non è più una bimba ora. Ora sa di non aver sbagliato, non così tanto. Non sono sue le colpe. Non tutte.

sabato 26 marzo 2016

To:  hilde.jk@aol.com
From: jeb.jenkins@kennebunkport.org
Subject: 
Ciao tesoro. 

Forse avrei dovuto chiamarti, non scriverti, ma ho preferito così. Mi ha dato il tuo indirizzo Helen.
Mi è dispiaciuto molto tutto quello che è successo, e ho sbagliato a non chiamarti fino ad ora. Credevo che dandole un po' di tempo le sarebbe passata, speravo fosse così, ma a quanto pare gliene serve ancora. 
Solo che stavolta non sono disposto ad aspettare. Non a tue spese.
Domattina sono a Philadelphia, resterò con te per la Pasqua, se tu non hai niente in contrario. La mamma è da Helen, starà bene.

Fammi sapere se sei d'accordo.

Papà 

venerdì 25 marzo 2016

Lessons

È un gruppo di bambini quello che ha davanti. Hanno finito di leggere un brano di letteratura e ora hanno chiuso i libri, per iniziare la parte della lezione dedicata al controllo dei poteri.
- Quindi ricordate cosa dovete fare?
- Respirare - è quasi un coro, un po' scombinato.
- E respirare come?
- Lentamente - come sopra.
- E se vi agitate che succede?
- Che non riusciamo a controllarlo - ancora una volta poche voci spiccano, in un insieme più o meno omogeneo. 
Sorride, annuendo soddisfatta.
- Bene, Matthew, fammi vedere.
È un bel bambino dai capelli scuri, gli occhi di un verde trasparente, il naso coperto di lentiggini, ha una decina di anni, forse meno. Raddrizza le spalle, inizia a respirare lentamente.
- Bravissimo. Ora cerca di sentire l'energia, portala tutta nella mano destra.
Il bambino solleva la mano, palmo in alto, e pian piano piccole scariche elettriche disegnano sottili saette che scorrono da un dito all'altro, sollevando un'ondata di risolini e commenti sottovoce.
Hilde sorride.
- Perfetto, basta così. Martha, vieni tu ora.
Si alza una bimba bionda, con i capelli corti e gli occhi celesti. Al suo sorriso manca un canino.
- Sei riuscita?
La bimba annuisce.
- Bene, fammi vedere.
Martha prende un bel respiro e lentamente, dai tagli verticali sulla schiena della sua maglietta spuntano due ali candide, che pian piano si dispiegano sollevandosi verso l'alto. Le batte un paio di volte.
L'insegnante sorride annuendo, poi un cenno incoraggiante.
La bimba serra le labbra, sospira rumorosamente, poi chinata la testa ripiega le ali e inizia a contorcersi un poco. Hilde anche serra le labbra, e cerca di conservare l'espressione serena, che diviene appena un po' apprensiva. Ma mantiene il sorriso.
- Non innervosirti Martha, continua a respirare lentamente, e tieni la schiena rilassata.
Le ali pian piano si riducono di dimensioni, poi ancora spunta qualche penna dalla schiena della bimba, infine scompaiono.
- Bravissima! - esclama la ragazza con un sorriso, mentre tutta la classe prorompe in un applauso che fa affiorare di nuovo quella finestrella tra le labbra della bimba.
- Siete stati bravissimi, tutti quanti. Ora potete andare, ma cosa dovete ricordare?
- Che dobbiamo esercitarci solo dentro le mura della Scuola! - risponde un bambino zelante, prima degli altri. Hilde annuisce con un sorriso.
- Miss Jenkins, ma perché non posso saltare, fuori dalla scuola? So farlo bene! Al parco c'è un albero bellissimo, ha i fiori grandi, li volevo vedere... E anche a Martha volevo farli vedere. Lei ci arriverebbe, con le ali!
- Perché non possiamo, Rose. Vi ricordate? Vi ho parlato del VPA. La legge dice che i poteri si possono usare solo in caso di pericolo. E a scuola.
Il tono è gentile, e anche il sorriso, che cerca di infondere anche agli occhi scuri, probabilmente con scarsi risultati.
- Ma il VPA è per i Vigilantes! Noi non siamo Vigilantes!
- Il VPA è per chi ha poteri speciali Matthew. E noi li abbiamo.
- Ma a James non dice niente nessuno se gli guarisce il dito fuori dalla scuola!!! - protesta una vocina sul fondo. 
- E poi perché Martha si può esercitare a casa e io no?! - un'altra voce alla sua destra. 
- Perché Martha abita dentro la scuola, Rose... - risponde con pazienza, ancora con un debole sorriso. 
Il suono della campanella arriva a salvarla da quei discorsi, portandosi via uno sciame di bambini ridenti, lasciandola con un macigno in fondo al cuore.

lunedì 7 marzo 2016

Eclypse

"Un'eclissi.[...] Chiudi un po' gli occhi, io sono qui e ti ascolto ma pensaci bene... perché e come è successo questo non sentire? Per proteggerti da ciò che non volevi vedere, hai pensato per un momento di diventare più forte e inattaccabile?!"

Sono bastate queste poche parole ad aprire una crepa in quel muro terribile. Per giorni è stato come essere vuota. Vedevo, sentivo, ma nulla arrivava in profondità. Nessun interesse, nessuna reazione. Niente. Poi quella passeggiata con Marcus, e queste poche parole.
In quel momento è stato come se qualcosa si spezzasse, mi è sembrato quasi di sentire lo schianto. E tutto è tornato a galla in un istante.
Il puzzo di acido, di carne bruciata, la Knox luminescente che esplodeva facendo volare Deimos, e poi la sua mano insanguinata mentre lui ricadeva indietro col torace squarciato. E ancora Leana abbracciata a quel mostro, con le vene verdastre che tornavano a illuminarsi, e i fori nel suo cranio che si dilatavano.
Finalmente ho provato ogni cosa. Paura, orrore, dolore. Tutto. Ed è stato come tornare a vivere.
Sono tornata un essere umano. Ho riavuto indietro tutto quello che avevo chiuso fuori per poter continuare a combattere. E sono tornata io.
Ancora una volta è stato Marcus a ridarmi me stessa. Davvero sta diventando più che un padre, per me. Mio padre mi ha dato la vita una volta. Lui me l'ha ridata già due. E ha promesso di farlo ancora, se mai dovesse servire.
Ha ragione lui. La mia famiglia è questa. Spero solo di poter essere all'altezza.

Il matrimonio è stato meraviglioso. Spero davvero che siano felici per sempre,  non conosco altri che lo meritino più di loro due.


martedì 1 marzo 2016

After The Battle

Una lunga doccia. Rilassante. Rigenerante. L'acqua tiepida le scorre sulla pelle scura portando via la tensione, la paura, l'orrore, il tanfo della carne bruciata, dell'acido, del fumo. Resta a lungo con il viso sotto quel getto d'acqua, cercando di annullare ogni immagine. Chiude poi il rubinetto e appena fuori dalla doccia infila l'accappatoio. Resta immobile qualche istante, e lo specchio le rimanda l'immagine di una sé stessa diversa. Inespressiva. Il corpo è rifiorito un poco. Ma ancora si sente completamente svuotata. Nemmeno un pensiero di quelli precedenti allo scontro è rimasto nella sua testa. Per ora l'unica cosa è il rimbombo delle esplosioni e il sibilo dei proiettili. Di tutto il resto, per ora, non rimane NULLA.

lunedì 29 febbraio 2016

A Strong Woman...

Eccomi qui, di nuovo a un bivio. E stavolta sento che sto per perdere tutto. Non ho fatto in tempo a sentirmi completa, intera, felice anche, forse per la prima volta. È durato meno di un attimo. Poi prima Arthur, ora la Scuola, tutto mi sta crollando addosso di nuovo e io non ce la faccio.
Una donna forte. No, non lo sono. Sono solo una che da sempre cerca di restare in piedi in mezzo alla burrasca. Cerco di andare avanti, un passo dopo l'altro.
E ora se lascio la scuola...
Del resto cosa dovevo fare? Non posso rivestire un ruolo di questa importanza se chi ha fiducia in me non sa fino in fondo in chi ripone la sua fiducia.
Dovevo dirglielo. E se questo è il risultato non importa. Probabilmente sono io che non ho capito a fondo. Forse la Scuola non è solo un luogo dove sentirsi accolti, dove imparare ad accettare sé stessi e imparare a gestire quello che siamo, e magari imparare a far conoscere quello che siamo, davvero, oltre tutti i preconcetti. Forse davvero è il luogo dove sottomettersi a quello che consideriamo ingiusto e sbagliato. E allora no, non è il posto per me.
Ma allora perché sto così male?

domenica 21 febbraio 2016

Pieces



È successo ancora.
Ma almeno questa volta è stato dolce.

Lei 17 anni, pelle scura e treccine dai laccetti colorati, jeans a pelle, e un giubbotto di jeans su un maglioncino colorato, lui un paio di anni di più, pelle chiara, capelli biondi spettinati, appena abbronzato, un bomber di pelle dall'aria vissuta, una camicia a scacchi aperta su una maglietta chiara, jeans scoloriti. Camminano per mano, sono felici, gli occhi si cercano, la luce prende bagliori nuovi, inizia con il solletico. Jeremy le cinge la vita, ridono insieme, poi un bacio, un altro. Pian piano la guida verso la grande quercia al lato del sentiero, che dopo poco incontra, poggiandovi la schiena. Lui è su di lei, i baci si fanno più esigenti, le mani del ragazzo trovano la pelle sotto il maglione, lei gli si stringe, il respiro diverso. Poi il calore. Inizia piano. Dapprima non ci fa caso, riapre gli occhi velati di desideri nuovi. E del colore delle fiamme vive. Lui la sta baciando, si discosta appena. Poi la lascia andare come se fosse incandescente, sgranando gli occhi.
"Tu..." 
Lei boccheggia per un istante, privata del suo calore e delle sue labbra, non capisce, le iridi che decolorano lentamente, troppo.
"Tu... Tu sei di quelli, brutta puttana!" già sta gridando, togliendole il colore dal viso. È fuori di sé.
"Volevi fregarmi eh? Strega! Ma vai ad affogarti, sparisci!" le inveisce contro mentre arretra.
"Non farti più vedere, mi hai sentito?!" Quell'indice puntato sembra un artiglio che le sta scavando il cuore. Sente le ginocchia cedere, si accascia lentamente.
"Troia!" grida ancora, andandosene, lasciandola lì, incapace di rialzarsi ancora per molto, molto tempo.






venerdì 19 febbraio 2016

Darkness and Light - A Phoenix And The Real Thing: The Sun


"Colpire gli agenti della Force è giusto: essi sono solo servi di un governo razzista che opprime e schiaccia sotto il suo tallone i nostri fratelli mutanti e che noi smantelleremo pezzo per pezzo."
No. Sono solo persone in errore. Hanno fatto una scelta, quella di impegnarsi per far applicare la legge sul controllo. Ma di questo si tratta, far applicare una legge. Se la legge è sbagliata, loro saranno al massimo responsabili del come la fanno rispettare, ma non è loro l'errore di fondo. Bisogna far cambiare la legge.
"Invitiamo tutti i fratelli e le sorelle vessati della prevaricazione di un governo razzista e ostile a unirsi alla Causa."
No. Siamo vessati dalle regole imposte da un governo spaventato, o che comunque deve render conto a persone spaventate. Ci sono persone razziste e ostili. Ci sono persone spaventate. Ci sono persone razziste, ostili e spaventate. O forse lo sono proprio perché spaventate.

Possiamo fare di meglio che spaventarle ulteriormente. Possiamo farci conoscere per quello che siamo. Abbandonare le nostre paure e Risplendere!

Per fortuna viviamo sotto un governo democratico. Esistono mezzi legali per portare avanti le proprie battaglie, per far sentire la propria voce. Non sarà immediato, e neppure semplice, ma qualcuno deve pur provarci. O tutti i nostri fratelli lì fuori, che vivono le loro vite incomplete, o nell'ombra, costretti a infrangere la legge solo per essere sé stessi. Tutti loro si sentiranno soli, abbandonati, e in loro crescerà la sfiducia e la rabbia.
La strada non è la guerra contro i razzisti o contro i Sapiens BasicHumans (?). La strada è una vera Integrazione. Alla luce del sole.







mercoledì 17 febbraio 2016

Dear Sister #2

To: hilde.jk@aol.com
From: hljenks@aol.com
Subject: Ciao 
Ciao Hilde.

Scusami se non ti ho risposto prima, sono stata molto impegnata in questi giorni. Stiamo lavorando a un progetto particolarmente complesso, spesso faccio tardi e mi sveglio all'alba.
La mamma non era entrata in dettagli ma sì, qualcosa mi aveva accennato.
Capisco come ti senti, ma non c'è molto che io possa fare, lo sai. Purtroppo la situazione è quella che conosci.
Proverò a parlarci, ma non so quando. E comunque non farti illusioni, non ti assicuro niente. Tu intanto cerca di non scoprirti troppo e di non metterti nei guai.
Sono contenta che tu stia bene.

Helen

lunedì 15 febbraio 2016

Hush The Nightmares Away

Sono le tre e mezza della notte. Ma lei non lo sa e non gliene importa. È sdraiata in un letto troppo stretto, la testa posata sulla mano sollevata, il gomito e il braccio sul cuscino, a guardare il viso del ragazzo disteso accanto a lei. Giovane, più di lei. E lo sembra ancora di più nel sonno, con le palpebre che nascondono gli occhi, e i lineamenti distesi. Respira piano, non vuole svegliarlo. Guarda la sua fronte contrarsi improvvisamente, poi la testa si muove, irrequieta, le spalle sussultano. Un incubo, uno dei tanti. Quelli che l'hanno svegliata. Increspa la fronte empaticamente. "Shhh-sh-sh-sh" sussurra piano, come si farebbe con un bambino agitato nel sonno, sfiorandogli i capelli. I lineamenti pian piano di distendono, il sonno quieto torna a dargli ristoro. Hilde scivola di nuovo sotto le coperte, rannicchiandosi contro di lui. E quando, ancora nel sonno, il suo braccio la circonda, un lieve sospiro, prima di riaddormentarsi con il suo respiro sulla pelle.

sabato 13 febbraio 2016

Dear Sister

To:  hljenks@aol.com
From: hilde.jk@aol.com
Subject: Ciao 
Ciao Helen, 
so che non ti ho mai scritto, ma questa volta ho preferito così. Per telefono lo trovo più complicato. E di persona forse ancora di più.
Cosa hai saputo di me, negli ultimi mesi? La mamma ti ha raccontato? Non mi meraviglierei se non lo avesse fatto. È come se stesse cercando di cancellarmi. Completamente.
Ormai avrai capito qual'è il punto. Il mio "Problema". Helen scusa, ma non ce la faccio più a chiamarlo così. Lo so io come lo sai anche tu che non è una stregoneria, né una maledizione, ma solo il gene X che si è risvegliato nel sangue della nostra famiglia da generazioni.
Fatto sta che quando sono arrivata a Philadelphia, dove i mutanti sono definiti tali, per quanto spesso nascano problemi. Dove è possibile ma non necessario nascondere la propria natura a tutti i costi... Qualcosa è cambiato. L'energia ha ripreso a scorrere più violenta che mai e non riuscivo più a controllarla.
Ho iniziato con una fiammata sul lavoro. Lavoravo in un locale, fortunatamente è successo nelle cucine, ho potuto mascherarlo. Poi in casa, una volta, poi un'altra. Ho rischiato di dar fuoco a ogni cosa Helen. Ho avuto paura, tanta.
Per fortuna, o probabilmente il destino, perché forse se non avessi parlato con lui nemmeno mi sarei trovata in quella situazione. In ogni caso non so perché. Fatto sta che ho conosciuto Marcus pochi giorni prima di trovarmi in quella situazione ed è stato fondamentale. È un professore della Young Gifted School. È riuscito a calmarmi, a farmi capire come controllarlo, e soprattutto non mi ha imposto niente. Né la registrazione, né l'iscrizione alla scuola. Mi ha dato consigli, ma mi ha lasciato completamente libera di scegliere.
E alla fine ho scelto.
Ho scelto di registrarmi e di iscrivermi alla scuola. Ho scelto di vivere alla luce del sole. Letteralmente. Di seguire la legge e di imparare a gestire il mio potere, a conoscermi, a vivere per quella che sono, non come il simulacro di una persona che non esiste.
Helen ti prego, dimmi che almeno tu puoi capirlo.
Ho chiamato la mamma, non ha voluto ascoltare ragioni, mi ha proibito di registrarmi, di iscrivermi alla scuola, mi ha minacciata. E ha chiuso il conto della mia carta di credito.
Forse sperava che cambiassi idea, ma non posso. Puoi capirlo?  Dopo 18 anni mi sono di nuovo sentita completa, mi sono sentita Me. E credo che il mio dovere, ora, sia mettere quello che so fare al servizio degli altri. E aiutare gli altri Gifted ad accettarsi e le persone ad accettarci. E fare qualsiasi cosa sia in mio potere perché nessuno debba mai più soffrire come noi, Helen, come me, come papà, la mamma. E tu? Non ho mai saputo se tu abbia sofferto di tutta questa situazione. Sicuramente vedere papà sfigurato, e... Mi hai odiata, Helen?
Non so perché ho deciso di scriverti. Non abbiamo mai parlato molto di cose serie. Meno che mai di questo.
Ma mi manca la mia famiglia. E penso che sia ingiusto e sbagliato. Non ho fatto niente, a parte nascere diversa, con il gene di Meredith Rose.
Qualunque cosa pensi, Helen, qualunque cosa tu decida, ti voglio bene. Ne voglio a tutti voi. Non voglio crearvi problemi, ma devo vivere la mia vita. 
Salutami la mamma e papà.
Hilde

 P.S. Alla Free mi hanno presa. E sì, dopo la registrazione. Hanno il badge tra i documenti di assunzione. 
 

domenica 7 febbraio 2016

Phonecalls

Pronto?

Pronto, Mamma?

Oh Helen, tesoro! Sono appena rientrata dall'ambulatorio, 
ti avrei chiamata io, più tardi, come stai?

Mamma sono Hilde

...

Mamma?

...

Mamma per favore...

[clic]


Risponde la segreteria telefonica di casa Jenkins. Non siamo al momento in casa, se volete lasciate un messaggio! - Beeeeeep -




venerdì 5 febbraio 2016

Commitment

E quindi avevano ragione. Tutti quanti. Ma solo io non ci avevo capito niente? Giusto a dimostrazione del fatto che per queste cose sono completamente imbranata.
Però è stata bella la sorpresa. Talmente bella che inizialmente ho dubitato. Specie quando mi ha chiesto scusa. Chi ancora nel 2024 chiede scusa per... un bacio? Sembra uscito da un film in bianco e nero, a volte. O da una fiaba per bambini. Eppure sono convinta che nemmeno il principe azzurro abbia mai chiesto scusa. Eppure si approfittava di ragazze addormentate!

È di una bellezza disarmante, da togliere il respiro. Eppure sembra non accorgersene. Sempre insicuro, imbarazzato. Ancora mi è difficile crederci. E sono felice.
Ed è così dannatamente bello, quando arriva il calore, e so che gli occhi stanno cambiando colore, non dover fare niente. Non dover scappare. Non dovermi nascondere. Basta solo sorridere, e lui capisce, aspetta. Lui sa, ed è come me. Ed è ME che guarda, a ME sorride, bacia ME. È il primo. L'unico.

Mi chiedo come sarebbe, ora, se lui non ci fosse.

Sicuramente starei meglio che in passato. Meglio di sempre. Ho la Scuola, Marcus, Max, persone di cui fidarmi, che mi vogliono bene.
Eppure la tensione, quella sarebbe più difficile da gestire. Ho ormai preso la mia decisione, sono convinta che sia la cosa giusta e mio dovere. Ma è ovvio che io abbia paura, è impossibile non averne.

La verità è che quando ti rendi conto di cosa sei, di cosa puoi, non puoi più tirarti indietro.

Fino a domani proverò ancora a parlare con la mamma. O con papà. Se non ci riesco scriverò a Helen. È l'ultima cosa che mi resta da fare.

lunedì 1 febbraio 2016

Wounds

Eccomi qua, con un buco in una spalla, il morale a terra e la testa confusa.
Davvero non so che fare. Max dice che dovrei dirlo ai miei, per non passare dalla parte del torto. Già mi immagino "Sai mamma, mi hanno sparato"...  Già pensano che abbia fatto una scelta folle, a registrarmi e iscrivermi alla Scuola. E comunque inutile starci a pensare, tanto la mamma non mi parla.
Sono ormai tre settimane che cerco inutilmente di parlare con lei. Casa, cellulare, ho chiamato perfino al negozio, nemmeno papà ha avuto il coraggio di venire al telefono. Ormai mi stanno cancellando dalla loro vita.
C'è poi questa cosa che tutti mi chiedono se con Arthur ci sia qualcosa. Sinceramente non lo so perché lo fanno. Fossero altri penserei che lo fanno per il gusto di mettermi in imbarazzo. Ma sono Max, Marcus... Io che in queste cose sono un'imbranata totale. Ho venticinque anni ma è come se ne avessi quindici. Macché quindici, dodici.
Del resto... Sono passati anni dall'ultimo tentativo di instaurare qualcosa con qualcuno. E ovviamente è andata come sempre. Cosa puoi instaurare con qualcuno se non puoi neanche dirgli chi sei? Cosa sei. E poi il potere che appena allenti il controllo rischia di diventare un pericolo... Anche a questo ho dovuto rinunciare. E sinceramente riprendere ora è complicato. E poi, per la miseria, è solo un amico! Non gli interesso affatto. Dovrebbero farsi gli affari loro. Tutti quanti.

giovedì 28 gennaio 2016

Happiness, More or Less

Mi hanno preso! Sono passata a ritirare la posta e a saldare i danni all'appartamento ed era lì! La risposta della Free Library! Un incarico part time, di basso livello, ma intanto sono entrata! Sono così felice... Peccato non poterlo dire a nessuno. Forse qualcuno sì. Ma comunque non alle persone a cui vorrei dirlo. Potrei farlo, ma non voglio rovinarmi questo momento, lo farò nei prossimi giorni. Chiamare e sentire il silenzio calare dall'altra parte non è il modo migliore per festeggiare l'avvenimento.
Mi manca lo scondinzolare di Duke.
La mamma mi manca? E papà? Non lo so. Di certo quello che non mi manca è sentirmi sempre un'immagine riveduta e corretta di me stessa, infilata in una vita "normale" che per me non aveva niente di normale. Costretta a mentire su tutto e a tutti, come se stessi vivendo una vita non mia.
E pensare che ho vissuto così per diciotto anni. Come ho fatto a non impazzire?
Però sì, un po' mi mancano. Forse mi manca quello che non ho mai avuto. Il loro amore per ME, non per qualcuno che non è mai esistito se non nella loro testa.



venerdì 22 gennaio 2016

It Hurts

È successo. È successo di nuovo. E forse era inevitabile. Ho colpito qualcuno con le mie fiamme. Gli ho fatto del male. E stavolta volontariamente. Non so se fosse davvero necessario, ma non c'è stato molto tempo per pensare. Marcus e Arthur sostengono che abbia fatto bene, che se non lo avessi fatto le conseguenze per tutti potevano essere peggiori. Ma io non ne sono del tutto convinta. Del resto quel Classer stava gestendo ottimamente la situazione. E comunque ormai non ha nessuna importanza. Sarebbe morto con o senza il mio intervento.
Chissà se era in grado di provare dolore.

martedì 19 gennaio 2016

Fresh Beginnings

Mi sono trasferita alla Scuola. Mi sono iscritta, trasferita alla scuola e registrata, nell'ordine. Tutto nell'arco di due giorni.
E sento che sia stata la decisione migliore che ho preso negli ultimi venti anni. O forse l'unica che ho davvero preso personalmente.
Mamma non mi parla. Ho provato a chiamarla un paio di volte, ma non ha voluto parlarmi. Papà non so, non era in casa. O almeno così mi è stato detto. Se almeno provassero ad ascoltarmi...
Helen non saprei. Forse dovrei chiamarla, ma in fondo... Non abbiamo mai parlato di queste cose, non saprei da che parte cominciare.
Con il lavoro è un po' un casino, perché non riesco a fare tutto. Dovrò lasciarne uno. Ero incerta se lasciare il Corpet o la biblioteca. E ho anche saputo che Inara e Alba lo hanno ceduto. Per carità, anche Nite e Ice sono in gamba, ci vado molto d'accordo. Con Ice, Nite mi inquieta un po' a tratti.
In ogni caso non è questo. Solo che... Stavo per fare richiesta alla Free Library e... Probabilmente farò così: se mi accettano la richiesta, lascio il Corpet E la libreria. Altrimenti... Probabilmente è meglio lasciare il Corpet, per avere più chance alla Free.
In ogni caso oggi porto il curriculum, incrociamo le dita, magari se mi rispondono rapidamente nemmeno devo scegliere.

mercoledì 13 gennaio 2016

Phonecall

Ciao mamma

Sì, sono io. Sto bene. 

No, no sto bene, davvero. È che... sì devo dirti qualcosa.

Sì. Sì ecco... è successo giorni fa. Non... non riuscivo più a controllarlo.

Ci ho provato! Ma non ci riuscivo. È passato tanto di quel tempo!

Sì, alla fine sì, ci sono riuscita. Mi hanno aiutato.

Mamma... Ho dovuto chiedere aiuto! Preferivi che dessi fuoco a tutta casa?!

No. È... un professore della Young Gifted School. Un amico.

No! 

No, non ancora.

Significa non ancora. Che non ho ancora deciso! Anzi sì, forse ho deciso.
Solo volevo parlartene prima.

Lo so. E sapevo che non avresti capito...

...

...

...

Mamma ormai ho deciso.

Ti ho detto che ho deciso. E andrò anche a registrarmi.

Mamma? Mamma per favore...

...

Mamma!

.

Laws, Racism and Freedom

“La Phoeni-x è un organizzazione che sopravvive di un'unica forza: la vostra paura, che sia di un mutante o della registrazione.

Su qualsiasi attacco, su ogni morto, c'è l'ombra di uno spauracchio chiamato VPA. Ma la registrazione è l'unico strumento per garantire una convivenza pacifica tra gifted e umani, per garantire l'ordine. Non credete a chi la definisce un cappio del governo, perché è al contrario l'unico modo per essere davvero liberi, per non doversi nascondere o vivere come clandestini.

La Phoeni-x, che desidera sterminare la razza umana, è soltanto lo stesso mostro razzista che promette di combattere: un cancro che minaccia la pace, la libertà di ogni singolo mutante che sostiene di difendere.
Vi chiamano fratelli. Fanno appello alla fratellanza ma è solo una menzogna. Non vi stanno regalando la libertà che tanto proclamano, vi stanno dando una sola ed unica scelta: quella di vederla come loro.

Le porte della Young Gifted School sono sempre aperte per chiunque voglia scoprire da sé il valore della registrazione, per chiunque tema il proprio potere o desideri conoscerlo meglio. E così resteranno sempre, perché la nostra forza è il vero punto debole dei terroristi che si nascondono dietro al simbolo della fenice. Portiamo avanti un futuro di pace e di convivenza. Portiamo avanti la speranza di un Mondo in cui gifted ed umani siano uniti, in cui non ci sarà nessuno che vi metterà contro le vostre famiglie, contro i vostri amici.
Il primo passo per cambiare davvero il Mondo è quello verso la legalità. Il primo passo per prendervi cura di voi stessi e di coloro che vi sono vicini è quello di dichiararsi al Governo. Perché insieme si può costruire qualcosa, con la divisione ed il razzismo l'unica cosa che ci aspetta sono macerie.” [Comunicato della Young Gifted School in merito agli ultimi attacchi della Phoeni-X]

Continuo a rileggerlo. In particolare la parte finale.
Hanno ragione? Non riesco a deciderlo.
Da una parte non ce la faccio più a nascondermi, a scappare. Ho iniziato a 7 anni e non ho più smesso di scappare. Da quello che sono, da quello che posso fare. Per certi versi ancora ne ho paura. Ma sono adulta ormai. So quali sono i rischi, saprei gestirlo. Ma se da un lato vorrei imparare a conoscere e controllare questa parte di me, dall'altro ho paura.

“Non credete a chi la definisce un cappio del governo, perché è al contrario l'unico modo per essere davvero liberi, per non doversi nascondere o vivere come clandestini.”

“Davvero liberi”... Dovrei comunque continuare a nascondermi. I miei non dovrebbero sapere, della scuola, della registrazione, di niente. Nessuno nella mia città dovrebbe saperlo.
E comunque... se è vero che la registrazione è un modo per essere liberi, in totale uguaglianza, che senso ha l'Articolo 4*? Perché dopo avermi chiesto di uscire allo scoperto bollano le mie capacità NATURALI come arma impropria? Qualcosa che non ho il diritto di detenere, di usare come meglio credo, nei limiti delle leggi esistenti? Un Sapiens nella sua vita privata può usare un accendino, un saldatore, un lanciafiamme! Mentre io non posso usare la mia capacità nemmeno per accendere un camino, pena da tre a dieci anni...

“Il primo passo per cambiare davvero il Mondo è quello verso la legalità. Il primo passo per prendervi cura di voi stessi e di coloro che vi sono vicini è quello di dichiararsi al Governo. Perché insieme si può costruire qualcosa”

Quanto vorrei che fosse vero.





*VPA (Vigilantes Prohibition Act) - Art. 4:
Il divieto di utilizzo dei poteri in luogo pubblico o privato per ragioni differenti dalla sola difesa personale o altrui in caso di pericolo grave e imminente previsto per i Mutanti, con la seguente Legge è esteso a tutti i possessori di poteri sovrumani di qualunque natura. La violazione di tale divieto autorizza l'Autorità all'arresto in flagranza di reato e alla pena detentiva da 3 a 10 anni.

lunedì 11 gennaio 2016

Awakening

Sono passati tre giorni. Ho cambiato le tende, il tappeto, e per ora ho comprato una fodera per il divano. Appena avrò i soldi ricomprerò anche quello. La parete dovrò dipingerla, o magari copro la macchia, e mi offro di pagare il danno al padrone di casa.
Sto mettendo in pratica i consigli di Marcus, riesco a canalizzare l’energia, a farla uscire, in modo che non mi provochi gli sbalzi dei giorni scorsi.
Sto iniziando ad accettarlo.
A suo parere dovrei iscrivermi alla scuola, ma mi ha lasciata libera di decidere, anche in merito alla registrazione.
Non posso farlo. I miei non me lo perdonerebbero. Non sarebbero in grado di capire. Qui a Philadelphia sembra di essere in un altro mondo…

Quello che devo ancora capire è… io cosa voglio? Voglio continuare a far finta di essere una Sapiens? O voglio finalmente accettare la mia natura di Gifted e realizzarla?
Realizzarla… Anche questo è un concetto molto relativo.
Se volessi seguire la legge alla lettera dovrei imparare a gestire il mio potere per poi dimenticarlo, confinandolo alla “legittima difesa”. Tutto questo è assurdo e umiliante.
La verità è che se hai il Gene-X tutto quello che devi fare è Mentire. Sempre, a tutti, e soprattutto a te stesso. Devi vivere da Sapiens. Perché così è stato deciso. E non da te, ovviamente.

Perché mi fa ribrezzo solo pensare in questi termini? Anche io ho iniziato a pensare in categorie, ora? Quanto vorrei poter essere semplicemente un Essere Umano. Con tutte le mie capacità, che derivino o meno dal Gene-X. Senza dovermene vergognare.

L’unica cosa che temo, ora, è che non sia sufficiente. Ho imparato a sfogare l’energia quando acquista potenza per via del mio nervosismo, o situazioni simili, ma può bastare? Il fuoco è qualcosa di pericoloso, se non si sa come gestirlo. Nessuno lo sa meglio di me. L’ho imparato a mie spese, prima ancora di saper scrivere correttamente il mio nome.

venerdì 8 gennaio 2016

Inferno

“Hai uno dei poteri più belli in assoluto e volevi occultarlo? Simbolicamente il tuo potere deriva dalla luce solare, quella capace di creare e di grandi cose.”
 Ma è davvero così? Nella sua mente le parole di Marcus, che tanto a fondo sono arrivate nella sua anima, si sovrappongono a quelle immagini che credeva ormai dimenticate. Sepolte nel più profondo angolo della coscienza.

-- Mathilde! Mathilde dove sei? Torna in casa, devi riordinare la stanza. Mathilde! 

La bambina, due corte treccine nere e tante mollettine colorate a fermarle i capelli, resta nascosta in silenzio, spiando la donna attraverso le fronde della fitta siepe. 

 -- Mathilde Jenkins, vieni fuori immediatamente! Dove ti sei cacciata? -- chiama ancora a gran voce, la madre, con tono anche piuttosto preoccupato, poi mormora tra sé -- Quella bambina mi farà impazzire... 

 Finalmente Nora Jenkins rientra in casa, per andarla a cercare altrove, e la bambina esce dal suo nascondiglio ridacchiando. Le mancano due denti davanti e i jeans che indossa sono chiazzati di macchie d'erba. Le manine affondate nelle tasche, dà un calcio a un sassolino e prende a bighellonare nel giardino, poi inizia a raccogliere foglie secche. Gialle, marroni, verdastre, di ogni forma e dimensione. Ci gioca per un po', mettendole in fila, le sovrappone in una pila sbilenca, poi le guarda cadere. Dal capanno degli attrezzi si sente un picchiare ritmico, intervallato da note fischiettate. 

 Dopo un po' di tempo trascorso a giocare con foglie e sassolini, il nuovo gioco le viene a noia. Seduta in terra sbuffa, poi una luce dispettosa torna a illuminare gli occhi neri. Si guarda attorno con fare circospetto e prende a radunare le foglie, più altre foglie, e poi ancora altre foglie. Le mette in fila, a mucchietti, lungo il bordo del capanno. Torna poi verso i cespugli e stacca un ramoscello, lo ripulisce dai rametti laterali e poi sorride soddisfatta, tornando baldanzosa verso la sua fila di fantasmini. Certo, perché sono spiritelli del fuoco, e lei li farà danzare. 
Ancora una volta si guarda attorno. Dall'interno del capanno si sente picchiare e fischiettare, dunque non c'è rischio che suo padre si affacci all'improvviso. 
Impugna dunque per bene la sua bacchetta magica, come quella delle fatine dei cartoni, e puntandola al primo fantasmino gli dice -- Danza! 
Sa farlo ormai. Sa convogliare quell'energia a suo piacimento, più o meno. Ha imparato dal diario di Nonna Meredith. E oggi che ha trascorso tutta la giornata a giocare in giardino di energia ne ha proprio tanta! Ecco che il fantasmino prende vita. Le foglie iniziano a bruciare di una fiammella arancione, che si muove libera al soffio lieve dell'aria settembrina. -- Danza! -- dice ancora. E il secondo fantasmino prende vita, mentre gli occhi le brillano di contentezza. -- Danza! -- e ancora, e ancora. Sono ormai otto i fantasmini, li guarda beata farsi sempre più belli, più alti. Poi Duke passa correndo, portando la sua bambola preferita tra le fauci appiccicose -- Hey cagnaccio! Lascia andare Belinda! -- E la bambina corre via, lasciando andare la sua bacchetta magica, e dimenticando una fila di fantasmini che danzano gioiosi. Liberi. 

 Saranno le grida di tutta la famiglia a richiamarla lì, qualche tempo dopo, mentre il capanno è avvolto da fiamme alte quanto il cielo. Sola in un angolo, nel tumulto generale, con gli occhi sgranati osserva il parossismo degli adulti, mentre le grida di suo padre all'interno le fanno gelare il sangue. Quando riescono a tirarlo fuori, il rosso e il rosa della sua carne ustionata le si imprimono per sempre negli occhi e nella mente. Diventeranno la sostanza dei suoi incubi per anni, molti anni a venire.

Runaway

Oggi sono stata a casa tutto il giorno. Mi è successo altre due volte. Non ce la faccio più. Sto cercando di ricordare cosa diceva il diario di Meredith Rose, ma non ricordo. Ero troppo piccola. Ricordo qualche esercizio di concentrazione, ho provato ma non riesco. Forse da piccoli è più facile. O forse dipende solo dal fatto che allora ero meno spaventata. Era solo un gioco, per me. Non come ora. Sto cercando di calmarmi ma ogni volta la fiammata è peggiore, e più improvvisa. Non riesco a farci proprio niente. Dovrei chiamare Marcus. Chiedergli aiuto. Ma se lo facessi poi? Non voglio registrarmi, non voglio che altri sappiano. I miei non me lo perdonerebbero… Devo riuscirci da sola. Deve smettere. Voglio solo che torni tutto come prima!


giovedì 7 gennaio 2016

Dangerous

Lo sapevo. Sapevo che sarebbe successo e non sono riuscita a impedirlo. Fortunatamente è successo in cucina e sono riuscita a mascherare la cosa, ma… sta diventando pericoloso. Ancora non riesco a soffocarlo, è come decuplicato.
Dopo aver lasciato il Corpet, ieri, sono andata in giro. Ho camminato nel freddo tutto il pomeriggio, fino a notte inoltrata. Speravo che stancandomi sarei riuscita a dormire meglio, ma eccomi qui. Tre ore. E sono di nuovo sveglia. E mi sento male. Peggio di ieri, peggio di sempre. Ho paura.

martedì 5 gennaio 2016

Pandora

Sono le 4. Domani al lavoro sarò uno straccio.
Ho deciso di mettermi a scrivere, sperando che questo mi aiuti. Forse non avrei dovuto parlarne con Marcus. Da quando ne ho parlato con lui è stato come se avessi scoperchiato il vaso di Pandora. Per tutto il giorno sono stata agitata, nervosa, sentivo il Problema risvegliarsi a ondate, continuamente.
Idiota. Devo smettere di chiamarlo in quel modo.
Come devo chiamarlo? Il Potere? L’energia? In ogni caso non mi lascia in pace. Tenerlo a bada mi costa sempre più fatica. Al lavoro sono stata distratta, sbadata. Alla fine mi hanno lasciata andare via prima per evitare che combinassi qualche guaio, sicuramente.
Non so che fare. Ho quasi paura di andare in biblioteca, domattina. Se qualcosa dovesse andare fuori controllo potrei incendiare tutto… Dio come devo fare?
Vorrei riuscire a ricacciare tutto indietro, come prima. Riuscire a non pensarci. L’ho fatto per anni, dovrei riuscirci ancora! E invece no. Continuo a sentirmi formicolare le mani, le gambe. Mi odio, maledizione. E forse scrivendo sto peggiorando la situazione.
Basta, ci proverò di nuovo. Stavolta con più convinzione. Devo riuscirci.